La prima salita assoluta del Nanga Parbat fu effettuata
nel 1953 da una spedizione austro/tedesca. Hermann
Buhl vi salì da solo e senza ossigeno a partire
dallultimo campo. La sua è considerata fra
le più grandi imprese della storia dell'alpinismo.
Riportò gravi congelamenti ai piedi e gli furono
amputate due dita del piede destro. Aprì la strada
allo stile alpino
Il Nanga Parbat (conosciuto anche come Nangaparbat
Peak o Diamir) è la nona montagna più alta
della Terra con i suoi 8125 metri s.l.m situata in Pakistan.
È il secondo ottomila, dopo lAnnapurna, per
indice di mortalità, ovvero rapporto tra vittime
ed ascensioni tentate, con un valore che si aggira intorno
al 28%, tanto da essere spesso soprannominata anche the
killer mountain (la montagna assassina).
La prima ascensione fu compiuta il 3 luglio 1953 dall,
proprio dall'alpinista austriaco Hermann Buhl con
una spedizione guidata da Karl Maria Herrligkoffer.
Il versante prescelto fu il Rakhiot a nord-est,
passando per la Sella d'Argento e il Silber Plateau. Si
tratta del primo ed unico ottomila raggiunto in prima
assoluta da un solo scalatore (Buhl infatti compì
l'ascensione da solo a partire dall'ultimo campo) e senza
l'uso di ossigeno.
Chi era Hermann Buhl?
Un alpinista straordinario con una forza e una volontà
mitologiche. Dopo un ardimentoso apprendistato sulle impegnative
vette vicine alla città natale, e dopo lesperienza
della seconda guerra mondiale, intraprese la salita delle
principali cime delle Alpi per vie nuove e difficili,
prevalentemente in solitaria. Nel 1950 ripeté in
prima invernale la via Soldà sulla parete sud-ovest
della Marmolada e salì le Aiguilles de Chamonix.
Nel 1952, dopo aver fatto la prima ripetizione in solitaria
(in sole 4 ore circa, contro i 3-4 giorni delle normali
cordate) della via aperta da Cassin sulla parete
nord-est del Pizzo Badile (e percorrendo in bicicletta
la strada da Innsbruck e ritorno, lontana 170 km), effettuò
col compagno Sepp Jöchler lottava ascensione
alla parete nord dell'Eiger.
Poi, l'Himalaya, dove scrisse pagine bellissime
dellalpinismo mondiale. Nel 1953 partecipò
alla spedizione austro/germanica al Nanga Parbat
effettuandone la prima ascesa assoluta, senza ossigeno
e da solo a partire dallultimo campo (unico caso
fra le prime assolute di un ottomila). Nel corso di 40
ore Buhl percorse da solo una via non solo di grande dislivello
ma anche di notevole sviluppo di lunghezza. Colto dall'oscurità
allinizio della discesa, in parete e senza la possibilità
di cercare un luogo più idoneo per bivaccare, Buhl
dovette trascorrere la notte in piedi, appoggiato alla
parete e privo di sacco da bivacco, ad una quota di circa
8000 metri. La sua è considerata fra le più
grandi imprese della storia dellalpinismo. Buhl
riportò gravi congelamenti ai piedi, in seguito
ai quali gli furono amputate due dita del piede destro.
Durante la parte terminale della salita fece uso del Pervitin,
una metanfetamina, che aveva portato con sé in
caso di emergenza.
Nel 1955 Buhl fece la sua comparsa a Macugnaga
per salire la famosa parete est del Monte Rosa.
Compì una solitaria al Silbersattel (Sella
dArgento, 4.515 m), il colle più alto delle
Alpi aperto tra le punte Dufour e Nordend
e discese a Zermatt dove era atteso per un convegno.
Più tardi disse: dovevo arrivare a Zermatt
e volli farlo dall'ingresso più degno.
Con il compagno Kurt Diemberger effettuò
poi nel 1957 la prima ascensione, sempre senza ossigeno,
del Broad Peak (8.047 m, nel Karakorum),
diventando così il primo salitore di due ottomila.
Per motivi organizzativi, la spedizione si trovò
senza portatori prima del campo base; Buhl ne approfittò
per reimpostare lorganizzazione della spedizione,
affrontando la salita come se si fosse trattato di un'ascensione
nelle Alpi Occidentali, senza appoggi esterni, senza ossigeno
supplementare e con attrezzatura relativamente leggera.
Questo stile venne definito dallo stesso Buhl stile
delle Alpi Occidentali, ed aprì la strada
a quello che successivamente venne definito stile
alpino.
Proprio mentre con lo stesso Diemberger pochi giorni
dopo saliva sul Chogolisa (7.645 m, sempre nel
Karakorum), il crollo di una cornice nevosa provocava
la sua tragica morte. Nonostante le ricerche, il corpo
non venne mai ritrovato.
Abel Wakaam