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Traccia GPS 3A
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La Val Formazza si trova nord ovest del lago Maggiore, chiamato
anche Verbano, e la si raggiunge percorrendo l'autostrada per Gravellona
Toce, una derivazione della Milano Laghi che si ricongiunge con
la Milano/Torino in direzione Alessandria. Le indicazioni riportano
Arona come primo casello da oltrepassare e la strada costeggia per
un certo tratto il lago, visibile negli scorci liberi da gallerie.
Si prosegue seguendo il corso dell'autostrada finché si trasforma
in Strada Statale del Sempione.
Superata l'uscita di Domodossola, occorre fare attenzione alle
indicazioni per le Valli Formazza e Antigorio, in direzione di Crodo.
Oltrepassata la famosa cittadina, nota per le sue acque minerali,
si prosegue in direzione Baceno fino ad incontrare Premia, dove
abbiamo già illustrato una precedente escursione agli Orridi
di Uriezzo. La strada prosegue in direzione nord
fino al bivio per Devero, dove invece seguiremo le indicazione per
la Cascata del Toce. Superato il ponte sul Toce, continuiamo fino
all'abitato di Riale. Raggiungiamo quindi la base della diga di
Morasco, dov'è presente un ampio parcheggio, riservato in
parte al soggiorno dei camper, e qui troviamo posto nella spianata
evitando di sfidare il divieto di transito per i mezzi non autorizzati
sulla strada che costeggia il lago e arriva sino alla teleferica
dell'Enel.
Per arrivare al Rifugio Somma che è la prima delle
nostre mete, occorre raggiungere il lago del Sabbione. Esistono
due sentieri che fanno al caso nostro: quello vecchio che sale direttamente,
snodandosi sul costone roccioso che sovrasta il fiume, e il nuovo
sentiero che aggira sulla destra la fattoria e sale per un tratto
verso la piana del Bettelmatt. Il vecchio sentiero è ufficialmente
chiuso ma, al di là del cartello che ne sconsiglia l'utilizzo,
optiamo comunque per la seconda scelta, sicuramente meno ripida
ma altrettanto panoramica. Non è ben visibile l'imbocco e
come punto di riferimento iniziale bisogna dirigersi verso la fattoria
ed aggirarla sulla destra finchè si notano chiaramente i
tipici colori bianco e rosso della segnaletica. Dopo di che, il
sentiero piega decisamente a sinistra e prende a salire dolcemente
in direzione di quello vecchio, mantenendosi in quota di un centinaio
di metri.
Ben presto incontriamo un secondo cartello indicatore che spiega
chiaramente quale direzione seguire, fugando ogni dubbio sulla scelta
intrapresa. Il sentiero è il G39 che conduce al Lago
dei Sabbioni e al Rifugio
Busto Arsizio. Superato il bivio per il Bettelmatt,
il primo punto chiaro di riferimento è il traliccio della
teleferica che si vede chiaramente sul costone. Finché non
lo si raggiunge, occorre tenere costantemente la destra di ogni
diramazione che incontriamo. La parte terminale di questa tratta
è poco agevole e presenta alcuni passaggi in cui prestare
molta attenzione. Superato l'ultimo ostacolo, ci troviamo finalmente
in un canalone con i piloni della teleferica. Ancora qualche passo
e scorgiamo in basso, a sinistra, il baitello Zum Stock, posto a
quota 2.210. Rappresenta il congiungimento tra il vecchio sentiero
e quello nuovo che stiamo percorrendo. Siamo circa a metà
percorso per la diga dei Sabbioni. Proseguendo diritti si sale invece
al Rifugio Busto Arsizio
che vedremo più avanti tra le nuvole. Noi scendiamo invece
verso il baitello e proseguiamo in direzione del fiume che oltrepassiamo
su un improvvisato ponticello, realizzato con dei tubi metallici
e tavole di legno. Ora la difficoltà è data dalla
pietraia dove la direzione da seguire è affidata soltanto
agli "omini di pietra" ed ai rarissimi stralci di segnaletica.
Ancora uno sforzo e di colpo ci appare, imponente e maestosa,
la diga del Sabbione a 2.466 metri di altitudine. Forma il serbatoio
più importante della valle. E' del tipo a gravità
alleggerita, lunga 300 metri, alta 60, con uno spessore alla base
di 55, volume complessivo 140.000 metri cubi di calcestruzzo. Contiene
oltre 400 milioni di metri cubi d'acqua.
Aggiriamo l'imponente stazione della teleferica, passando sulla
sinistra e saliamo rapidamente verso il Rifugio Mores, ormai
chiuso da anni, cercando le indicazioni per la nostra prima meta,
il Rifugio Somma 2.561 slm, dove sosteremo
per il pranzo. Dal momento della partenza sono passate 2 ore e 30
minuti. Rifocillati dopo i primi 780 m di dislivello e le solite
chiacchiere di rito con le allegre compagnie che si trovano in quota,
riprendiamo il cammino scendendo verso la diga. L'attraversiamo
di slancio, presi dalla frenesia, e ci portiamo sull'altra sponda,
dove troviamo le indicazioni per il Rifugio Claudio e Bruno
(45 minuti) e per il Rifugio 3A (80 minuti). Ora dobbiamo
risalire quasi per intero questo lato del lago dei Sabbioni su un
sentiero in leggera pendenza, a volte un po' esposto, ma mai pericoloso.
La giornata è splendida, senza una nuvola in cielo, ed un
piacevole venticello ci accompagna ad ogni passo.
Passata la diga, troviamo una traccia che sale sulla sinistra prendendo
quota, la imbocchiamo con decisione e, percorsi pochi passi, ci
appare la visione della Punta d'Arbola in tutto il suo splendore.
I sentieri si moltiplicano, ma tutti, prima o poi, si ricongiungono
in uno solo ed arriviamo ad un bivio, ben segnalato dai cartelli
indicatori. A destra si sale direttamente al Rifugio 3A in
50 minuti, mentre proseguendo diritti arriveremo al Rifugio Claudio
e Bruno. Incontriamo un ponticello distrutto dalla potenza del
torrente alimentato dal Ghiacciaio del Gries, che guadiamo su una
trave di legno ed alcuni sassi sistemati appositamente per lo scopo,
e cominciamo ad intravedere la sagoma del rifugio, in uno scenario
da favola. Il GPS segna 2.710 mt sul livello del mare.
Il rifugio Claudio e Bruno, come anche il 3A, sono di proprietà
dell'Operazione Mato Grosso, un movimento spontaneo di giovani,
nato da una proposta di Padre Ugo De Censi, prete salesiano, parroco
di Chacas, un paesino ai piedi delle Ande in Perù. Chiunque
può entrare a far parte dell'OMG senza preclusioni ideologichè
né religiose, perché lo scopo dell'Organizzazione
è quello di aiutare chi ha più bisogno di noi. Fa
bella vista su una parete del rifugio la scritta: Salire verso l'alto
per aiutare chi sta in basso. Qui passiamo il resto del pomeriggio
a fantasticare sulla meta dell'indomani. Uno sguardo verso la spettacolare
Punta d'Arbola e l'Hosandhorn, poi una cena frugale a base di pasta
al forno ed arrosto. La sera arriva presto e bisogna recuperare
le energia, quindi tutti a dormire presto perché ci aspetta
il risveglio all'alba.
Nonostante i buoni propositi, la partenza avviene alle 7.30. Il
cielo è azzurro in assenza totale di nuvole, la temperatura
intorno ai 10 gradi e l'adrenalina comincia a farsi sentire. L'imbocco
del sentiero è lo stesso che porta al Rifugio 3A ma,
dopo qualche centinaio di metri, si intravede la traccia che sale
rapidamente a sinistra, lasciandoci intuire che da questo punto
in poi non ci sarà un attimo di respiro. Ci aspettano 650
metri di dislivello distribuiti su un percorso di 2.800 metri. Impiego
un po' a carburare e l'inizio non è dei più promettenti,
ma seppur lentamente continuo a salire lasciandomi conquistare dalla
meraviglia che ho intorno.
Dopo un interminabile serpentone di cui non si scorge mai la meta,
la cima del Blinnenhorn si intravede sulla sinistra, mantendendo
fede al suo nome italiano: Corno Cieco, che si riferisce
proprio alla sua posizione nascosta tra le alte vette che lo circondano.
Ancora qualche passo e raggiungiamo una selletta che si affaccia
sulla parte superiore del Ghiacciaio del Gries dove rimaniamo
senza fiato. Percorriamo la traccia che lo aggira sulla sinistra
e fatichiamo ad alzare lo sguardo perché la parte più
bella del percorso è quella che abbiamo davanti e si allunga
verso il Passo del Gries ed il lago omonimo.
Ora però, abbandonati i sogni, bisogna stringere i denti
e prendere sul serio l'ultima parte che ci separa dalla vetta. Il
sentiero segue un interminabile traverso su sfasciume instabile
che, per certi tratti, raggiunge anche una pendenza di 40°.
Lo affrontiamo con calma, passo dopo passo... respiro dopo respiro,
mantenendo lo sguardo al suolo perché il terreno è
infido e lo strapiompo alla nostra destra non concede la minima
distrazione. Vien da pensare a come sarà critico il ritorno
su questo pendio, ma ormai la croce di vetta è lì...
a portata di mano. Gli ultimi metri li facciamo in apnea e poi,
senza quasi accorgerci, ci ritroviamo in paradiso.
Coi suoi 3.347 metri sul livello del mare, il Blinnenhorn
(Corno Cieco) è la montagna più alta della Val Formazza,
concedendo solo al Monte Leone la supremazia delle Alpi Lepontine.
La vista spazia a 360° mostrando tutto lo splendore dei dintorni.
Da qui sopra, il verde intenso dei laghetti alpini spezza il colore
crudo della roccia ed un aria gelida ci accarezza la faccia, ricordandoci
quanto siamo piccoli al cospetto della montagna. Dal momento della
partenza dal Rifugio Claudio e Bruno, sono passate più
di 3 ore, regalandoci qualche pausa panoramica durante la salita.
La discesa invece è più rapida nonostante lo sfasciume
del primo tratto e ci concede la vista della Punta d'Arbola e l'Hosandhorn
in piena luce.
Anche questa notte la passeremo al Rifugio Claudio e Bruno,
ma la nostra escursione non è ancora finita. La mattina successiva
partiamo di buon'ora ripercorrendo il sentiero del giorno precedente,
ma questa volta teniamo la destra ed imbocchiamo la traccia che
sale al Rifugio 3A che raggiungiamo in poco più di
un'ora. A differenza dell'Avventura n°
40, effettuata nel 2.010, il Ghiacciaio del Siedel
s'è completamento disciolto, lasciando completamente scoperto
il vallone sottostante. La discesa verso il Rifugio
Busto Arsizio avviene quindi sulle ripide "roccette"
ad est del rifugio, seguendo come prima indicazione il ricovero
in alluminio che appare poco più sotto. Il seguito del percorso
è segnato soltanto da "ometti di pietra" e conduce
sulla morena destra fino al limite di ciò che resta dell'ultimo
nevaio. Quindi si attraversa il torrente e si scende sul Pian
dei Camosci.
Un'ultimo sguardo verso il cielo dove il Corno Cieco si nasconde
per mantenere intatto il suo mistero, ma noi ormai sappiamo che
il Binnenhorn è là, da qualche parte tra le
nuvole, dove i sogni si aggrovigliano con la realtà della
montagna per attirarci di nuovo qui, nello splendore di questa valle
incantata.
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